Fare il produttore di vino è diventato con il tempo una faccenda sempre più complessa e articolata. Non solo ci si aspetta che lo faccia bene, anzi benissimo, che sappia di agraria e di enologia: deve saperne di meccanica, economia, gestione aziendale, fiscalità, commercio, logistica, marketing, digitalizzazione (almeno). E, ovviamente, di comunicazione. Queste 3 ultime materie sono quelle in cui la maggior parte dei produttori grandi e piccoli continua a rivelarsi carente, con poche lodevoli eccezioni; se in parte è possibile rimediarvi ricorrendo a professionisti del settore, c’è però pur sempre un aspetto della comunicazione che resta di stretta competenza degli interessati.
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Vitenda 2016
Per chi lavora nel mondo del vino, Vitenda è uno strumento ormai familiare: l'agenda del viticoltore edita da Vit.En. è ormai giunta alla sua ventesima edizione, segno 1) che l'editore non si è ancora stancato di parlare di viti, vitigni, vini e di tutto quel che ci gira intorno, e 2) che viticoltori e produttori non si sono ancora stancati di leggerla, ma soprattutto di usarla. Parliamo, per una volta, di un residuo dell'era analogica: un libro "che pesa più di un chilo e delle dimensioni di cinque riviste di gossip messe insieme", come lo stesso Editore ammette. Insomma, non esattamente qualcosa di mobile, e che nell'attuale veste non si sa bene quanto ancora potrà durare, data la sempre più massiccia adozione delle nuove generazioni della campagna delle nuove tecnologie. Per questo, la redazione è già al lavoro su possibili alternative, in sostituzione o in affiancamento alla classica agendona cartacea (a tal proposito, mi permetto di suggerire di dare un'occhiata alla capacità degli amici spagnoli di reinventare il classico magazine del vino...perchè non approfittarne per ripensare da cima a fondo anche il concetto di agenda?).
Ciò premesso, veniamo a Vitenda 2016: quest'anno il focus è su scafoideo,vivaismo e microbiologia, per parlare dei quali sono stati chiamati alcuni dei migliori esperti sul mercato (apro una pagina a caso e m'imbatto in Ruggero Mazzilli, per dire, che spiega come produrre barbatelle biologiche). Articoli a parte - che un po' si perdono tra le molte, forse troppe pagine di pubblicità - l'agenda offre come sempre tantissimi spunti di lettura. In ogni pagina si trovano pillole di storia, citazioni, richiami ad articoli scientifici, definizioni, curiosità, anticipazioni.
E sì, c'è spazio anche per scrivere, prendere appunti. Magari alla sera, rientrati a casa; tenere traccia del proprio lavoro di campagna e cantina è sempre consigliabile, a prescindere dal supporto usato.
L'acquisto del vino si fa social: è nato Vinix Grassroot Market
In questi giorni difficili per le tasche di tutti, il discorso della disintermediazione è della massima attualità. Noi ne parliamo da anni, e da altrettanto tempo la vagheggiano i produttori. O per lo meno, così dicono. Vendita diretta. Che belle parole! Tu vieni in cantina, e io ti vendo il vino: tu risparmi, io guadagno. E siamo felici entrambi. Senonchè, proprio a parlare di vendita diretta (no agenti, intermediari, retailers, ecc.ecc.) sembra che a tanti produttori venga un attacco di tachicardia, che li fa desistere dal progetto a pochi metri dal traguardo.
Non starò a elencare i perchè e i percome, le scuse e le giustificazioni, le paranoie e le ossessioni di chi fa il vino perchè le conosciamo tutti (e personalmente mi hanno stufato). Finchè la paura di una ritorsione (o di un mancato guadagno) probabile avrà la meglio sulla prospettiva di un guadagno certo, inutile star lì a discutere. A molti piace piangersi addosso, piuttosto che rischiare qualcosa. Molti altri, obiettivamente, non possono permettersi di correre nemmeno questo rischio.
In attesa che sul fronte della produzione qualcosa succeda - un cambio di cultura, di mentalità, uno scatto d'orgoglio... -, i consumatori si organizzano.
WBIS 2013: com'è andata
Il mondo del vino appare sempre più spaccato in due dimensioni parallele: quello dell'offline e dell'ufficialità - fatto di riti vecchi ormai di anni, per non dire di decenni: le grandi fiere, i grandi concorsi, i proclami dei grandi guru, le guide, le anteprime, gli eventi di presentazione di ogni genere e tipo - e quello dell'online, vivace ed effervescente, mai uguale a se stesso, una specie di magma in ebollizione dal quale fuoriescono continuamente nuove idee e iniziative.
Il Wine Business Innovation Summit tenutosi recentemente a Bruxelles è un esempio di questo fermento. Dall'idea di partenza - un forum tecnico rivolto ai professionisti del vino che per incoraggiare in questo settore l'innovazione,la creatività e le nuove tecnologie - in poi, tutto si è svolto all'insegna della collaborazione.
Future trends in wine drinking: è il momento degli aromatici (pare)
(Questo che segue è la versione italiana di un mio post per Palate Press. L'originale in inglese si trova qui)
Visitando le zone viticole più antiche e prestigiose in Europa - come il Portogallo, la stessa Italia, ma anche la Grecia - può capitare d’imbattersi in vigneti molto vecchi, nei quali convivono varietà diverse, sulla cui identità e provenienza spesso persino il proprietario sa poco. In Valpolicella la maggior parte dei vigneti sono monocultivar, coltivati con uve originarie della zona, ma i più vecchi contengono ancora molte piante di uve provenienti da altre regioni italiane (barbera, sangovese toscano, teroldego, malvasia...).
Un fatto curioso, che secondo alcuni trova la sua spiegazione in un'abitudine dei nobili veronesi, proprietari di vasti fondi e vigneti della campagna veronese: quando andavano a trovare qualche loro pari grado, per affari di famiglia o di politica, anzichè portare in dono mazzi di fiori o scatole di cioccolatini (come faremmo noi oggi), regalavano... mazzi di barbatelle. Così, uve di altre regioni e nazioni venivano piantate in giro per il mondo, e vendemmiate e vinificate insieme a quelle già presenti.
Le aziende e i social media: 3 parole-chiave
In principio fu il sito web.
Erano gli anni '90, e nel bel mezzo della generale sbornia d'entusiasmo per i (ri)trovati fasti del vino italiano, non c'era praticamente azienda che non stressasse consulenti, p.r., uffici marketing, comunicazione e pubblicità per aprire il sito Internet.
A poco o nulla servivano i tentativi di arginamento di alcuni ("Perchè vuole aprirlo? Come pensa di utilizzarlo? Chi lo seguirà?"): i più incassavano il "voglio" e accontentavano il cliente, lisciando cinicamente il pelo al suo narcisismo con un bel sito emozionale farcito di foto, animazioni in flash e irritanti musichette.
Voglia di wine club
Negli Stati Uniti sono molto diffusi, e pare funzionino bene. In Italia nessuno, o quasi, sa cosa siano. Sono uno dei tanti oggetti (semi)sconosciuti di cui ci giungono gli echi da oltreoceano, o nei quali magari ci si è imbattuti durante qualche viaggio negli States.
Parliamo dei wine club: associazioni o gruppi di wine lovers che fanno capo ad un'azienda vinicola.
Oppure ad una organizzazione di vendita.
O anche ad una testata giornalistica non necessariamente specializzata (anzi).
O persino a dei privati cittadini.
Qui potete trovare una lista di wine club variamente intesi.
Spumante per un enologo
Poveri responsabili della comunicazione delle aziende del vino, cosa non tocca loro inventarsi per attirare l'attenzione.